lunedì 25 novembre 2013

PAVIMENTI IN VINILE: alternative e opportunità



Oggi, o per meglio da tre o quattro anni, il mercato del parquet è cambiato: il gres porcellanato, che riproduce l’effetto del legno, ha raggiunto delle caratteristiche estetiche impensabili. Il laminato conquista altre quote di mercato. E il mio blog è lo specchio di queste tendenze. Il punto è aver chiare le proprio esigenze: perché sulle capacità di spesa se non posso, o non voglio, affrontare una certa cifra, lo so un partenza. Quindi, ritorno alla domanda:

Il parquet va bene dappertutto?

Tecnicamente sì, purché si sia ben informati; il blog serve a questo. Praticamente, si possono scegliere delle alternative, come il laminato di cui abbiamo scritto in precedenza, oppure il pavimento in vinile.
Il pavimento in vinile può servire in questi casi:
1)      quando vogliamo un effetto tipo “plancia di parquet”
2)      dobbiamo stare entro un centimetro di spessore dal sottofondo
3)      dobbiamo pavimentare uffici, negozi, ambienti ad alto calpestio o “ambienti umidi”
4)      abbiamo bisogno di una posa rapida e poco invasiva
5)      possiamo permetterci di spendere qualcosa di più del laminato
Consideriamo i punti uno alla volta.
Da cosa è composto il pavimento in vinile?
Il pavimento in vinile è costituito da plance in genere di 19 cm di larghezza e 1200  cm di lunghezza. E’ composto da uno strato di usura che varia di 0.3 mm a 0.5 mm. Poi c’è una pellicola, il printfilm, sulla quale è stampata l’immagine che potrà essere la riproduzione di una doga di parquet ma anche marmi, effetti resina o cemento. Poi seguono strati di vinile e fibre di tessuto. Il tutto, e veniamo al secondo punto, sta in 5 mm. Quindi è indicato anche per le ristrutturazioni dove è necessario posare sopra vecchie pavimentazioni e non è possibile alzarsi troppo. Il vinile, per le sue caratteristiche intrinseche, è un materiale resistente: maggiore è lo strato di usura maggiore è la resistenza, definita classe di usura: uno strato di usura da 0.3 ha una garanzia di 25 anni nella abitazioni, mentre lo strato di usura 0.5 ha oltre i 25 anni anche 5 anni per un uso commerciale intensivo. Quindi è indicato per negozi, palestre, centri fitness, uffici.
E in bagno? Va bene perché si tratta di materiale impermeabile all’acqua che non presenterà mai rigonfiamenti.    
E la posa? Posto un sottile materassino fono assorbente, i pavimenti in vinile sono dotati di un aggancio tipo quello dei laminati. E come sempre ogni produttore è dotato del sistema più rapido e facile!! Alcuni produttori presentano sul mercato una posa che funziona come un biadesivo, tipo quello delle figurine. E’ un metodo innovativo ed efficace a patto di avere un sottofondo perfettamente planare e un pavimento preesistente che non abbia fughe troppo larghe. In ogni caso, la posa del pavimento vinilico non crea polveri che invece si generano posando gres porcellanato e parquet.
Tutte queste caratteristiche hanno un costo: è un pavimento che difficilmente si troverà a partire da 5 euro, perché composto da materiale più nobile: impermeabile, resistente alle abrasioni, offre una riduzione del rumore ambientale fino a 5 db e non contiene formaldeide

lunedì 7 ottobre 2013

Il laminato e lo IEP



La scelta del parquet non si esaurisce tra il tradizionale ed il prefinito. Da qualche anno è possibile scegliere anche il laminato, soprattutto è possibile avere un bel laminato, sempre più simile al parquet per dimensioni o specie legnose, e in grado di valorizzare nuove colorazioni di tendenza e superfici. Tutti saprete di cosa si tratta: le grandi catene di distribuzione lo promuovono, youtube fa vedere come montarlo. Ad ogni modo, il laminato è composto da un film protettivo di resistenza variabile; un foglio decorativo che riproduce l’essenza lignea o altre superfici (ad esempio, effetti tipo resina o effetti tinte unite, che poco hanno a che fare col parquet); poi c’è un pannello di resina e fibra di legno (HDF); e, infine, una controbilanciatura che conferisce stabilità. Al momento dell’acquisto, bisogna essere informati su due aspetti fondamentali ed oggettivi: spessore e numero di AC. Lo spessore varia da 6 a 12 mm: più è spesso più è robusto, ovvio. L’AC è seguito da un numero, da 1 a 5, e, in assoluto, l’uno non è peggio del cinque, semplicemente è meno resistente all’abrasione: per un calpestio domestico, ed esempio, AC3 e AC4, vanno benissimo, con l’accortezza, eventualmente, di utilizzare il tre nella camere da letto e il quattro nei soggiorni. Ma è uno scrupolo in più. L’AC5 è indicato per i luoghi pubblici ad alto calpestio. L’AC5 per uso domestico è una spesa tecnicamente inutile. Questi sono gli elementi oggettivi. Mentre la facilità di posa è, bene o male, il pregio che ogni produttore pubblicizza; non ne ho letto uno che non dica che il suo sia facile da montare e silenzioso una volta posato. Alcuni siti sottolineano che rispetto al parquet, il laminato sia più resistente, non subisca variazioni di colore e richieda minor manutenzione. Vedete, per un amante del legno alcuni difetti possono essere caratteristiche, quindi non mi sento di fare il tifo per un prodotto piuttosto che un altro. Sicuramente, un buon laminato può costare come un parquet di scarsa qualità; sicuramente, possiamo montare e smontare il nostro parquet come fosse un laminato, basta posarlo in modo flottante. Sicuramente, e termino con le sicurezze, non troverete mai un parquet, tradizionale o prefinito, a partire da 4 euro, così come lanciarsi nella posa del parquet può diventare una vera avventura. E affidandovi ad un posatore, i costi di posa di un laminato devono essere inferiori rispetto a quella del parquet. Quindi, come spesso accade per ciò che gravita attorno alla casa, occorre soppesare le scelte secondo lo IEP: impiego, estetica e portafoglio.   

sabato 22 giugno 2013

Parquet per esterni: gioie e dolori

Arriva l’estate e con i climi caldi iniziamo ad occuparci di ciò che sta fuori alle nostre case. Quindi ecco un altro argomento che potrebbe essere insidioso: possiamo utilizzare il parquet all’esterno? Comunemente chiamato deck o decking, il legno per esterni ha diversi utilizzi: terrazzi, bordi piscina, rivestimenti di pareti, plateatici, balconi, insomma si presta a diversi impieghi, estetici e pratici, che impreziosiscono ed esprimono tutto il calore del parquet all’aperto. Ma il legno si rovinerà col tempo? Cambierà colore? Prederà forme strane?
A tutte le domande la risposta potrebbe essere SI. Ma con delle precisazioni. La lignina presente nel parquet col sole tenderà a conferire un colore grigiastro e in più, a seconda delle essenze, si potranno creare delle microfessurazioni che sono piccoli crepe superficiali. Alcuni listoni potranno muoversi, curvandosi leggermente. Tutte questo è naturale, ma può essere gestito con facilità. Ad esempio, per l’ingrigimento basta utilizzare gli oli da esterno, che possono anche essere leggermente colorati, e, con i dovuti trattamenti, ogni listone torna ad essere come nuovo. Consiglio due mani dopo la posa, facendo attenzione al clima, perché se ci piove sopra non serve a nulla. Poi una mano all’anno prima dell’estate. Contro le microfessurazioni è utile l’olio ma anche una accortezza molto semplice: bagnare il pavimento, verso sera, una o due volte alla settimana. I legni che si utilizzano per la maggiore (teak, ipé, iroko) nascono in acquitrini o zone umide, e più acqua assorbono meglio è. Altro discorso va fatto per le curvature. La curvatura è causata della tensione che il legno esercita dopo essere stato fissato sui magatelli di supporto. Se è un problema che si verifica subito è bene sostituire le doghe “ribelli”. Altre volte questi movimenti possono sorprenderci dopo qualche tempo, intendo qualche mese. In tal caso potrebbe trattarsi di una stagionatura incompleta delle frise, i blocchi di legno dai quali si ricavano i listoni. Non è sempre detto, ma di solito a prezzi più bassi corrispondono spessori più sottili e tempi di stagionatura più brevi: quindi maggiori rischi di movimenti strani. Così potrete godervi il vostro deck!! E mi raccomando: sincerativi che il posatore abbia esperienza del montaggio. Non è come posare un prefinto….

mercoledì 1 maggio 2013

Posa flottante? vantaggi e svantaggi

Abbiamo scelto di posare del parquet. Abbiamo scelto che tipo: tradizionale o prefinito; di importazione extra europea o europea...e adesso come lo posiamo? Dobbiamo scegliere se incollarlo al masssetto o posarlo flottante. Per posa flottante si intende questo: agganciare i listoni l'uno all'altro appoggiandoli su un materrassino o guaina apposita. Niente colla, quindi; se non un pochino in testa alla plance, ma può essere un vezzo del posatore dettato da certe necessità.
Bene. Prima domanda: perchè flottante? Perchè vogliamo fare gli ecologisti e non ci piace la colla e tutto quello che la colla ricorda: odori, solventi, emissioni. Perchè potremmo togliere il nostro pavimento con facilità quando vogliamo, per cambiarlo con un altro, per delle rotture. O per risparmiare sui costi della posa. Ogni ragione è valida. Quella dei collanti è forse la piu debole considerando le ricerche di quasi tutti i produttori ottenute in campo di sostenibilità ambientale.
Seconda domanda: ogni plancia può essere posata flottante? No e con delle precisazioni. Precisazioni che potrebbero variare in modo soggettivo. Personalmente, per esperienza, consiglio plance a tre strati, lunghe da un metro, un metro e venti, in su, e con spessore di almeno 1 cm. Con solo 1 cm potrebbe essere consigliato in materassino di sughero di almeno 3 mm per avere un sopporto più rigido del normale materrassino. Scopo del materassino, che deve essere almeno di 2,5 mm, è uniformare il contatto del parquet galleggiante col piano di posa e di impedire la formazione di zone a diversa sonorità.
Svantaggi? Dovremmo tollerare fessurazioni e quella sensasione di camminare su un pavimento che un potrebbe dare la sensazione di "sprofondare" leggermente e che, quasi in modo impercettibile, si muove un pò. Ma potrebbe essere anche una piacevole sensazione. Anche in questo caso, parliamo di sensibilità soggettive. Alla prossima 

sabato 6 aprile 2013

Parquet di importazione: si o no?

Oggi scriverò di un aspetto particolarmente insidioso. Si, uso proprio questo termine. Il punto è questo: dobbiamo interessarci della provenienza del nostro parquet? Chi ci vende il nostro pavimento in legno, snobba il cosiddetto “parquet cinese o di importazione”? Spesso, diventa un  argomento che giustifica un prezzo inferiore; un argomento che sminuisce la concorrenza; un argomento che potrebbe insinuare dubbi ed incertezze sui nostri acquisti; o, come può accadere, un argomento non detto. La realtà però è questa: ci dovrebbe interessare? E così torno al punto di partenza.
Ogni parchettificio industriale ha diverse linee di importazione che si riconoscono per dimensioni: le plance importate di prima generazione avevano spessore 15 mm, lunghezza di circa 1900 mm e larghezza 150 mm: uno strato di rovere siberiano di 4 mm  e altri due strati, uno di pioppo e uno di derullato di abete. Ora si importano anche plance più piccole: spessore 10 mm, larghezza 155 mm, lunghezza 1200 mm; uno strato di 3 mm di rovere ed altri due di pioppo. Queste dimensioni, tendenzialmente, funzionano come cartina al tornasole sulla provenienza. Ma non è finita qui. Alcune linee sono importate e commercializzate direttamente, altre sono lavorate in Italia della aziende, con dei colori particolari, con spazzolatura e biselattura più o meno accentuata. E magari durante la lavorazione, viene fatta una scelta, dividendo le plance con i nodi più marcati dalle plance più rigate. Tutte queste operazioni in più incidono sul prezzo. Ci preoccupiamo del fatto che l’Iphone è fatto in Cina? O che alcune alcuni capi di note case di moda sono fatti in Turchia? No, perché davanti al prodotto c’è un marchio che nella nostra testa è sinonimo di qualità, ricerca e innovazione. Sul parquet vale la stessa cosa. Ci fidiamo di chi ce lo vende, dei suoi consigli, siamo emozionati dall’estetica del legno; ma cerchiamo di analizzare bene quello su cui per anni cammineremo. Quindi chiediamo le schede di certificazione. Chiediamo per sapere cosa acquistiamo, per fare confronti o, più semplicemente, per non essere fregati e acquistare con consapevolezza. Un’altra cosa: se ci intestardiamo sulle certificazioni del parquet e facciamo i pignoli, cerchiamo di farlo fino in fondo, e chiediamoci: che tipo di colla userete per posarlo? E’ stupido incaponirsi sulle certificazioni del legno e poi permettere che lo incollino con prodotti a solvente, che di per sé non sono nocive in termini assoluti, ma insomma, se facciamo le cose fatte bene, facciamo fino in fondo. Ma di colle parleremo nel prossimo appuntamento….
 

domenica 24 marzo 2013

Quale parquet: tradizionale o prefinito?

Sono Andrea Barbieri, lavoro da 7 anni nel settore delle costruzioni; sono specializzato nel settore del parquet. In  questo blog, che inauguro oggi, vorrei parlare degli argomenti che giornalmente affronto con rivenditori, progettisti e costruttori, per poter essere di aiuto a chi volesse acquistare con serenetà e consapevolezza un pavimento in legno. E' mia intezione affrontare argomenti commerciali e tecnici.
Eviterei le solite manfrine del tipo: il legno è un prodotto naturale, è caldo, è elegante. Per fare dei pavimenti avete tendenzialmente 5 possibilità: gres porcellanato, legno, pietre naturali, resine e laminati. Ognuno di questi prodotti ha carettaristiche che possono diventare pregi o difetti, a seconda dei punti di vista.
Se decidete di mettere del legno avete due opzioni: il tradizionale e il prefinito.
Il tradizionale ha vari spessori e varie lunghezze ma la cosa fondamentale è che si tratta di legno massiccio, o massello, che, una volta incollato al massetto, va levigato, stuccato e verniciato; lavorazioni che richiedono sviariati giorni a seconda delle condizioni ambimentali. Il prefinito, anche questo ha diverse dimensioni, è formato da uno strato superiore di legno nobile (almeno 2,5 mm) e da altri 2 o 3 strati inferiori che possono essere in abete, betulla o pioppo. Fra le tre essenze, il pioppo è quella meno pregiata e denota, tendezialmente, la provenienza della plancia, che avrà origine, ad esempio, dalla Cina. Una volta incollato, ogni prefinito è calpestabile dopo qualche ora. Affronterò in altri blog gli argomenti della posa, della levigatura e della provenienza. Al momento concentriamoci su perché scegliere un tradizionale o un prefinito. Fino a qualche anno fa il tradizionale la faceva da padrone, ma da qualche anno il prefinito spopola per la sua grande versatilità: quasi tutte le aziende producono o importano plance lunghe fino a tre metri, con diverse finiture (anticate, col taglio sega, ecc.), verniciate, oliate e cerate. E soprattutto con prezzi molto vari. Attraverso un parquet tradizionale è possibile ogni tipo di personalizzazione: dal tipo di spazzolatura al grado di lucentezza della vernice (chiedete al posatore di farvi vedere qualche prova). Ma occorre tempo. La vernice del parquet nel corso degli anni si usura ma posando il tradizionale, lo potrete far rilevigare ed avrà la stessa bellezza di un pavimento appena posato. Anche il prefinito può essere rilevigato, ma dovrà avere almeno 3 mm di nobile e se avete scelto dei colori o delle finiture particolari, sarà difficile che il posatore riesca a riprodurre a mano le stesse tonalità o le stesse superfici ottenute al livello industriale. E' curioso notare che, fino a 15 anni fa, che voleva "distinguersi" scegliesse il prefinito; oggi, vale il contrario: chi mette il tradizionale ha la possibilità di avere un pavimento che ha solo lui, con varie possibilità di posa e svariate essenze che esulano dalle tante colorazioni del rovere.